Tuesday, January 30, 2007

No oil painting


In inglese si dice, per dire che una ragazza non è una bellezza, "non è un quadro a olio". Così ho deciso di fare un quadro a olio di una ragazza che non è un quadro a olio.
Questo post anche per festeggiare l'aver capito come inserire una foto.
Se riesco: il quadro che ho fatto di un orgasmo che ho trovato in giro e che cerca padrone/a. Poi mi farete sapere se lo riconoscete...
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Given the old chestnut "she's no oil painting" to signify an unfortunate maiden's lack of beauty, here's an oil painting of no oil painting.
This is also to demonstrate that I have worked out how to upload photos onto this thing.
Next: the painting I did of an orgasm I found lying about. You can let me know if you recognise it....

Saturday, January 27, 2007

Giornata della Memoria

Non ci provo a trovare delle parole. Le lascio a chi ne ha viste. La signora Liliana Segre, cugina di una mia carissima amica e parente del premio Nobel ha aspettato per anni, poi ha trovato la forza per raccontare. Per esempio qui e qui e in diversi altri libri e interventi.

"Ho visto il male assoluto nei loro occhi, nei loro sorrisi."

Da segnalare questo orrore nell'orrore: tredicenne, è stata consegnata ai nazisti dalle guardie italiane della frontiera e a queste dalle guardie svizzere dopo che aveva oltrepassato il confine.

Mario Pavia, dolce ed arzillo signore 94enne che prende il tè sempre con un sorriso, è riuscito a scampare alla tragedia, vedendosi costretto a vivere in clandestinità e poi alla fine della guerra a correre il rischio di essere fucilato come fascista per un errore di omonimi.

Martedì cerimonia al binario 21, stazione centrale di Milano.

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I won't even try to find the words. I'll leave that to those who saw. Liliana Segre, the cousin of a dear friend and relative of the Nobel Prize winner, waited for years and then found the strength to tell. Here, here, in books and interviews.

"I have seen absolute evil, I saw it in their eyes, in their smiles."

Horror within the horror: Liliana had already crossed the border into Switzerland. The Swiss guards handed her over to the Italian guards who handed the 13-year-old over to the Nazis.

Mario Pavia, bright and alert gentleman of 94, always takes his tea with smile. He escaped from the tragedy by living hidden away. At the end of the war he risked the ultimate irony: being shot instead of a leading fascist who had the same name.

Tuesday: ceremony at Platform 21, Milan Central Station, from where the trains left for hell.

Tuesday, January 23, 2007

La Storia nel Giardino

Un giorno mentre giocavo in giardino mio papà ha trovato delle palle da cannone.

Saltavo su e giù su uno di quei palloni di gomma con le orecchie mentre lui, che più che avere i pollici verdi era verde fino ai gomiti, stava scavando delle bucche per piantare delle rose. Di colpo si è fermato, si è messo a grattare il capo, si è piegato per vedere meglio e ha detto "Ma tu guarda! Una palla da canone". Che poi erano tre o quattro. Ruvidi, pesantissime.

"Papà, ma come sono finite nel nostro giardino?" ho chiesto, cercando di usare tutta la saggezza dei miei quattro anni per cercare una risposta.

Mio papà era uno che legge.

"Non sono finite nel nostro giardino. E' nostro giardino che è finito su un campo di battaglia. Qui ci fu l'assedio di Haddington, c'erano battaglie, soldati, cannoni. Qui hanno lottato contro di noi per più di un anno."

"Chi, papi?" ho chiesto, cercando di avvolgere la testa intorno a questo incredibile nuovo concetto.

Risata. "Chi credi? Gli inglesi!"

Così mentre cercavo di tirar fuori le palle da cannone dalla terra con mio papà, mi girava la testa.

- Il mondo c'era prima di me. Persone, cose, evenimenti. Qui. Prima di me.
- Chi è stata l'ultima persona a toccare questa palla da cannone? Di chi erano gli occhi che si sono posati l'ultima volta su questo metallo prima di consegnarlo a me
?

Ho giocato per anni nel giardino con le palle da cannone, e poi mi sono laureata in storia.

Il giardino aveva visto battaglie, feriti, morti atroci. Fame e sofferenza. Essendo praticamente l'ultimo della città prima dei campi, era stato anche una volta un posto fuori, isolato. Era dove mandavano i lebbrosi a cadere a pezzi da soli. Quanta sofferenze. Eppure non l'ho mai percepito. Era il posto dove ci si svegliava la mattina e si trovava l'invasione delle pecore che dopo avere mangiato un buco nella siepe erano venute a mangiare anche le rose. Era il posto dove mi mettevo a dipingere con il cavalletto e il capello da paglia, sentendomi tanto Vincent Van Gogh. Era il posto dove ho imparato a fare le capriole e tenevo le ginocchia ben sbucciate.

Sono per i musei piccoli, a misura di meraviglia. Chi si ferma a ponderare una palla di cannone in un grande museo? Eppure quanta storia, quanta vite raccontate in una singola pesante grigia sfera metallica. Che successo straordinario per un museo se riuscisse, davanta ad una palla, a strappare dai bambini grida di "wow" e non delle sofferte "che palle"...

Nota: da Wikipedia - Trovandosi esattamente sulla strada più diretta usata dagli invasori inglesi provenienti dal sud, la città è stata bruciata da eserciti dall'altra parte del confine nel 1216, 1244 e 1355. L'assedio di Haddington fu l'assedio cittadino più lungo della storia britannica, della durata di 18 mesi (1547-49); una forza di occupazione inglese mandata da Enrico VIII è stata messo sotto assedio dagli scozzesi e i loro alleati francesi.

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One day while I was out playing in the garden, my dad dug up some cannon balls.

I was leaping about on a space hopper while my dad, who could grow a whole garden from one dry old bulb, was digging holes to plant roses. Suddenly he stopped. He scratched his head. He bent down to have a closer look. He said, "Here! This is a cannon ball!" Actually there were three or four. Heavy and rough.

"Daddy, how did they get into our garden?" I asked, trying to bring to bear all the wisdom of my four years.

Now, my Dad was a great reader.

"They didn't get into our garden. It's our garden that got into a battlefield. This is where they fought part of the Siege of
Haddington, there were battles, soldiers, cannons. This is where they fought for more than a year."

"Who Daddy? " I asked, trying with all my strength to wrap my head round this astonishing, incredible new concept.

A laugh. "Well now, who do you think? The English!"

I tried to help my dad pull out the cannon balls; I felt a bit odd.

-
The world was here before me. People, things, stuff happened. Here. Before me.
- Who was the last person to touch this cannon ball? Whose eyes looked at it last before passing it on to me?

I played in that garden for years and then I took a degree in history.

The garden had witnessed battles, wounds, appalling deaths. Hunger and suffering. It was practically the last garden on the outskirts of town; it had been an isolated place. It had been the place where the leper colony was set up, where poor souls were sent to fall to pieces alone. So much suffering. And yet I never sensed it there. It was the place where you'd wake up in the morning and find that the sheep from the field next door had eaten a hole in the hedge and were now in the garden eating the roses. It was the place where I'd set up my little easel, put on my straw hat and think I was Vincent van Gogh. It was the place where I learnt to turn cartwheels and I kept my knees permanently skinned.

I believe in small musuems, small enough to be wonder-sized. Who stops to wonder in front of a cannon ball in a big museum? So much history, so many stories, collected up in one single, heavy, grey metal ball. What an extraordinary success it would be for a museum to have children shouting "wow" in front of a cannon ball. And not "balls to this lot, when's lunch?"

Note: from
Wikipedia - Lying on the direct route of English invaders from the south, the town was burned by forces from across the border in 1216, 1244 and 1355. The great siege of Haddington, the longest town siege in British history, lasted for 18 months (1547-49) when an occupying English force sent by Henry VIII was besieged by the Scots and their French allies.

Monday, January 22, 2007

Lost in Translation

Settimana nera per la traduzione tra l'italiano e l'inglese. Negli ultimi cinque giorni ho avuto le deprimenti prove che tra di noi dei pessimi traduttori stanno lavorando e guadagnando un pò ovunque.

Metà della settimana scorsa: intervista a Radio Monte Carlo con due componenti dei Scissors Sisters. Intervista svolta in inglese con traduzioni delle risposte fornite dal giornalista. Intervista registrata per cui la scusa della pressione dell'interpretariato in tempo reale non c'era: si trattava di domande preparate (infatti andavano bene) e lettura traduzione risposte. E purtroppo qui il danno è stato che i due americani, di una simpatia, una semplicità, una disponibilità, uno spiritoso, un'autoironia disarmanti, sono risultati forzati, pretenziosi e pieni di atteggiamenti falsi. Il traduttore ha raccontato l'infelice matrimonio dei genitori di uno di loro come ispirazione per la canzone "Kiss you off" invece della storia vera di un rapporto armonioso e riuscito. Invece del divertente invito a "vestirvi comodi e venite a bere qualche birra al concerto" abbiamo avuto la pretenziosa istruzione di ubbriaccharci e vestirci eccentrici. E così via. Roba da chiedere i danni morali.

Sabato sera DVD, "The Queen" (che Dio la benedica). Essendo il disco stronzo (mi perdoni il francesismo Maestà) difettoso ho dovuto guardarmi la bravissima Helen Mirren nei panni di Sua Maestà Britannica in italiano ma con sottotitoli in ... italiano. Solo che le due cose erano completamente diverse. Così un tizio dice: "capisco che è una cosa difficile da fare" e il sottotitolo ci informa "tanto è una cosa inutile". "Sì" diventa "forse", "no" diventa "non lo so", e insomma il tutto è molto freudiano.

Domenica pomeriggio Museo della Scienza dell Tecnologia a la Scienza a Milano. Cartelloni tradotti in inglese per aiutare i turisti. Benissimo. Aparte che uno su due conteneva errori anche elementari. "Who I become?" Non so, ma un traduttore professionista credo di no.

Ma che tristezza. Ma che rabbia. Capisco il menù alla Trattoria da Mario tradotto dal cugino che fa la terza media, fa anche folklore, fa tenerezza. Ma tre lavori così importanti... Porca miseria, per andare a radio Monte Carlo, per vedere il mio lavoro su uno schermo con Helen Mirren, per farmi un giretto nell'Enrico Toti, li avrei fatti anche gratis!

Il più bel refuso di tutti i tempi: visto su un tram a Milano un invito a venire al mercatino dell'antiquariato ai Navigli e "expose your treasure"... "expose" essendo il verbo usato da quei tizi loschi nei parchi con l'impermeabile, "treasure" essendo un simpatico eufemismo per l'oggetto in questione. Magari potevano andare soltanto esibizionisti in età ormai pensionabìle...

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It's been a depressing week for the world of Italian-English translation. No fewer than three utterly depressing indications that dreadful translators are alive and working all around us have come my way.

In the middle of last week I tuned into an interview on Radio Monte Carlo with two of the Scissors Sisters. The interview was done in English with translations of their answers then read out by the journalist. Given that this was a recorded interview, the usual heavy pressure of a direct real time interpretation was not available as an excuse. The questions were fine (obviously checked out beforehand), the answers were not.

And unfortunately the two Americans, who shone across the radio waves with sheer niceness, openness, humour, and genuine self-effacing genius, came across as forced, pretentious and false. The translator told us all about how the unhappy marriage of the parents of one of the group members had inspired the song "Kiss you off"; the song was actually inspired by the happy and harmonious couple. Instead of the cheery invitation to come along, have a few beers and wear loose-fitting clothing (presumably for the dancing), we got asked to "get drunk and dress eccentric". Oh come on. And so it went on. Some kind of compensation is due for the image-damage.

Saturday night, DVD night, "The Queen" (may God bless her). The bastard DVD was bust (pardon the French Your Majesty) and so I was forced to abandon hope of watching the very good Helen Mirren in English and accept her in Italian with.. Italian subtitles. And unfortunately the two were completely different. So someone says "Yes, I understand it's difficult to do this" and the subtitle tells us "it's useless to try this". "Yes" becomes "perhaps", "no" becomes "I don't know" and in the end the whole thing is decidedly Freudian.

Sunday afternoon: the Museum of Science and Technology in Milan. Explanations and descriptions helpfully translated into English for the tourists. Great idea. Oh no. One in two carries the most basic errors. "Who I become?" Well hopefully not a translator!

It's so depressing. It's so enraging. I get the menu in Mario's Trattoria translated by his cousin in junior high: it's cutesy, it's sweet, it's endearing. But three big time jobs.. Good grief, for a trip to Radio Monte Carlo, the thrill of seeing my work up there on the screen with Helen Mirren and a trip round the Enrico Toti submarine, I'd have done the jobs free myself!


The best mistranslation of all time, seen on a tram in Milan: an invitation to come along to the Antiques Fair and.. expose your treasure. Only if you're of pensionable age presumably.

Thursday, January 18, 2007

Dr House moved house

Dalla homepage di Yahoo Italia: Le donne italiane impazziscono per il Dr. House e molti uomini dichiarano di volergli assomigliare..

Surreale per chi si ricorda Hugh Laurie vent'anni fa, giovane e meno simpatico socio di Stephen Fry, amico del cerchio Emma Thompson. Intellettuale, intelligentissimo, poco sexy, era alquanto meno frizzante degli azzurri quando Roberto Biaggio ha cannato *quel* rigore, una figura seria e remota senza mystique. Un "tipico" freddo e poco charmant inglese. Catapultato dalla fame di medico infettivologo zoppo a quel invidiable status di sex symbol internazionale, persino con le focose latine, e simpatico anche agli uomini.

Un po' com'è successo con una giovane attrice paffuta e simpatica, più la ragazza della fattoria accanto che fa il figlio del fattore nel pagliaio che divina e regale star del cielo cinematografico: Catherine Zeta Jones.

E' bizzarro. Ma incoraggiante...

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Reading the homepage of Yahoo for Italy it seems that not only are Italian women lusting after Doctor House, but men are openly admitting that they'd like to be *just like him*.

This is utterly surreal for someone who remembers Hugh Laurie twenty years ago as the young and not-quite-as-nice showbiz partner of Stephen Fry and member of the Emma Thompson circle. Brilliant, intellectual, not very sexy, he was somewhat gloomier than the Italian World Cup Squad when Roberto Baggio cocked up "that" penalty kick. A serious and remote figure devoid of "mystique"; a stereotype Englishman. Suddenly Hugh's a famous doctor grappling with contagious diseases and a limp (no, I'm not going to do the old chestnut "a limp what?") , hurled into the enviable position of international sex symbol, beloved of fiery Latin women and role model to the boys.

Pretty similar to what happened to that cheery, likeable, slightly overweight young actress who was more the girl next door who mucks about with the farmer's son in haystacks than the divine and regal star of the international cinema firmament she is now: Catherine Zeta Jones.

Surreal. But encouraging...

Wednesday, January 17, 2007

Sogni premonitori utili

Stanotte ho sognato che uscendo dal bagno ho trovato due care mie amiche (poi ve la faccio pagare ragazze) che si sono messe a ridere come pazze perché non avevo chiuso lo zip dei miei jeans.

E allora ragazze? Capita no, di uscire dal bagno con un pò di fretta? Che c'è da ridere eh? Eh?

Tale è stata la rabbia provocata da questa terribile e traumatizzante perdita di dignità davanti a due stimate professioniste (va beh, lavorate no?) che oggi per ben due volte mi sono controllata la zip situation PRIMA di uscire dal bagno sul mio posto di lavoro.

E per ben due volte.. meno male!

Ma ora che ci penso. Le altre volte?


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Last night I dreamt that on exiting the bathroom I found two dear friends (you'll pay) who immediately started to, excuse the French, piss themselves as I had failed to pull up the zip of my jeans.

So what girls? It happens, doesn't it? What's so bloody funny? Eh?

Such was the fury caused by this appalling and traumatic loss of dignity before two esteemed professionals (well, you work, don't you girls?) that today I checked my zip situation no less than twice BEFORE leaving the bathroom at my workplace.

And both times... just as well.

But now I come to think of it.. and the other times?

Dividere e Condividere

Oggi un mio amico, parlando di un suo collega che ha un hobby al quale è molto appassionato, ha detto: "non so se lo fa perché gli piace o lo fa perché gli piace parlarne".

E questo probabilmente sta alla base del successo o il fallimento epocale di vari libri e letture che mi sono stati regalati.

Il fallimento epocale: la lettura imposta, la lettura che contiene in essa una critica, un desiderio di cambiare come sei e come strutturi il tuo pensiero. Non svilupparlo o aprirlo. Togliere ciò che è di te ed inserire ciò che è dell'altro nel vuoto.
Arrogante. Supponente. Violento. Narcisista.
Dividere.

Il successo: la lettura regalata senza commento. Un pezzo profondamente condiviso del donatore che offre, senza minimamente commentare chi riceve o come deve riceverlo. Ecco, questo è mio, questo sono io. Ho pensato a te, ho pensato a queste parole, e ho pensato che potessero forse avere un significato che nasce nel momento che tu ne prendi conoscenza. Nella richiesta di prendere conoscenza, e non l'obbligo di condividere, sta la condivisione riuscita. Forse. Le parole ci sono. Il mio dono c'è. Ora sta a te decidere se è così.

Joyce, che diceva sempre le cose un pò meglio: l'ineluttabile modalità dell'essere. E se la nostra modalità è ineluttabile, sfruttiamola, indentifichiamola e regaliamo tra di noi le parole che ci fanno trovarci non soli, ma compresi già prima di renderci conto di essere così, già prima di essere coscienti, già prima di nascere.

Non sei solo, non sei sola, ma sei così, lo so e lo sono, e lo era e lo sapeva questo scrittore che ha scritto queste parole per te, perché anche se non eri neanche nato, sapeva già che lo saresti.

Mò vado a stirare.

Buy this Book!

Dice l'amico DeCaDe, e c'è da credere:

"se la storia del giovane Gàbor, appassionato prima e disilluso poi di sport e socialismo reale nell’Ungheria di metà anni ’50, mi piacerà come mi è piaciuto il racconto garbato e puntuale delle umili e grandi storie di atleti e uomini di un passato sportivo ormai, e purtroppo, dimenticato, piaciuto per di più a uno come me che è quanto di più lontano da uno sportivo o da un tifoso si possa immaginare, bè, questo vorrà dire che non avrò fatto solo una cosa gentile nei confronti di un amico, ma anche un qualcosa d’importante per tutti voi che ogni tanto passate di qua, perché la buona letteratura è uno dei valori fondamentali di una società civile."

Di Luigi Bolognini:
La squadra spezzataL'Aranycsapat di Puskás e la rivoluzione ungherese del 1956
Prefazione di Roberto Beccantini
Limina Edizioni
156 pagg. € 14,00

Dello stesso autore:
Gli eroi son tutti giovani e belliVenti ritratti di sport in bianco e nero
Prefazione di Gianni Mura
Limina Edizioni
135 pagg. (più inserto fotografico) € 13,50

Monday, January 15, 2007

sognando l'ADSL

Siccome scrivo con un laptop con un modem 56k, filo telefonico vecchio che si scollega spesso per qualsiasi movimento, linea che cade, persone che inciampono sul filo e lo staccano, e altre inconvenienti, spesso per leggere un paio di post su un blog "amico" e magari lasciare un commento devo ricollegarmi e ricercare il blog anche tre o quattro volte. Mi chiedo se i contatori questo lo tengono in mente, o se semplicemente mi segnalano come una psicopatica con tendenze ossessive-compulsive..

Quando, ma quando, questo posto dimenticato dagli uomini e dal tempo avrà un collegamento ADSL? Quando ci sarà campo per i telefonini di modo che non devo uscire di casa alle ore 23 e ficcare la mano con cellulare oltre il cancello per trovare i quattro centimetri cubi di spazio dove arriva segnale?

Persino un paio di pullman al giorno sarebbe un buon inizio...

5.08

La speranza è dura da morire.
La speranze è dura. Da morire.

Sunday, January 14, 2007

Tutu, scarpette, balletto e bile

Poco dopo avere citato le lettere annesse al lavoro di Irène Némirovsky, e la bella, perché essenziale e semplice, dedica di sua figlia, ho visto la sorprendente notizia del caos nel solitamente dignitoso e composto mondo della danza classica britannica (che ispira come immagine un idea di calore simile al quello di un frigorifero anche se è un mondo fatto veramente di dedizione, passione, gelosia, amore, e persone toste quanto sollevatori di pesi bulgari anche se sono non la metà ma un ottavo di loro).

Simone Clarke, principale (significa ballerina no.1) con la English National Ballet http://www.ballet.org.uk si è schierata politicamente e la sua scelta di un partito non accettabile come sarebbero invece per esempio il Conservative Party, il Labour Party o il Liberal Democrat Party ha scosso i fans delle scarpina rosa. L'etereo essere fatto di ossa leggere come cartapesta, muscoli d'acciaio e nervi saldi come il ponte di Brooklyn si è iscritta al BNP, British National Party, un'organizzazione di estrema destra che come idee politiche si fa notare più che altro per la sua opposizione all'immigrazione e rifiuto dell'integrazione multi-etnica (interessante che suo partner è cino-cubano, evidentemente si fa un'eccezione per l'eccezionale).

Così ci sono state contestazioni fuori dal teatro, i fans con cartelloni depinti con frasi del tipo "keep racism out of ballet" (teniamo il razzismo fuori dalla danza) e dentro il teatro (un gruppo è stato scortato fuori dal teatro dopo aver interrotto la performance). Se non altro fa piacere vedere che l'amore per la danza classica non necessariamente è prerogativo soltanto di un audience ingessato con carote nel culo che preferirebbe morire piuttosto che infrangere le regole del bon ton. Se non altro fa piacere che la English National Ballet abbia difeso il diritto del suo pubblico a contestare la ballerina, con una dichiarazione che la libertà di espressione va sempre difesa e le opinioni del singolo ballerino non devono essere confuse con quelle della compagnia.

Ma fa sempre riflettere:

Fino a che punto l'artista che si esibisce per la sua eccellenza in una singola disciplina, che per la sua natura non ammette il singolo commento politico perché rigidamente strutturata, va contestato per le sue opinioni personali? Fino a che punto e da che punto le idee personali dell'artista rendono inaccettabile la sua presenza su un palco pubblico? L'arte è una serie di discipline o l'artista è un'entità olistica e l'arte un'espressione organico per cui io posso rifiutare il quadro di Pincopallino perché lui rifiuta l'assistenza pubblica ai malati, e non tollero l'arabesque e il pas di chat di Simone perché lei non tollera il sari di Baldev o il turbante di Bhasi? Quando sono cavoli suoi, cavoli miei o cavoli di tutti?

Fino a che punto una compagnia che porta il nome di "national" (nazionale), che riceve fondi pubblici per sviluppare l'eccellenza e portarla in tutto il paese (è un touring company, una compagnia di tournée) ha la responsabilità poi di proporre e preferire l'accettabile, e fino a che punto questo è censura e purge? Mandiamo la sublime Simone ad insegnare danza classica in oratorio alle bambine di Auchtermuchty?

E nello specifico fino a che punto una disciplina come la danza classica annebbia e appanna la mente nella sua ricerca di un'espressione individuale che è la perfezione di un'espressione che la perfezione la conosce soltanto nell'astratto, nell'immaginario collettivo. Abbiamo la perfetta gamba e il perfetto rond di jambe in testa, fino a che punto la ricerca di questa tecnica fisica sulla terra porta l'artista ad un'atrofia della mente? Ma è peggio poi di qualsiasi altra cosa?

E che dire dell'ironia del balletto nel quale Simone Clarke si esibisce attualemente (nel ruolo principale ovviamente, foto sul sito sopraindicato), Giselle (musica Adam; prima performance 1841, coreografia ancora eseguita, 1868): la storia della distruzione di una vita allegra e semplice per via dell'intolleranza, di classe se non di razza. La semplice e solare contandina francese Giselle sedotta e abbandonata dal suo principe, che poi si sposa con una di suo rango. Ogni balletto classico esige talenti e capacità diversi dalla ballerina, per questo una magnifica Odette/Odile (Il Lago dei Cigni) magari non è l'Aurora ideale (La Bella Addormentata). La sfida di Giselle è di ritrarre la spensierata e gaia ragazza che poi impazzisce, brandendo la spada del principe, inciampando su stessa nella sua follia, capelli sciolti e in disordine come non si era mai vista prima una ballerina classica, per poi riapparire dopo il suicidio come etereo spettro senza peso, intervenendo per salvare il vigliacco reale dalle micidiali attenzioni dalle sue sorelle spiriti protofemmiste (santa o masochista?): dalla gioia alla follia al violento e assassino ma non fisico. Urco!

Possiamo soltanto avere fiducia nella natura universale di quest'arte, che la grandissima Anna Pavlova ebbe la capacità di portare con grande successo in posti come Sud America, il continente africano e l'Oriente che mai e poi mai avevano visto un spettacolo simile.

Saturday, January 13, 2007

Nasate

Con il trapano si buca il legno di un armadio construito da mani ormai recuparete e riciclate dalla terra da quasi quattro cento anni.

Col trapano si apre i segreti di un albero cresciuto quasi mezzo millennio fa.

Col trapano si sprigiona il profumo dolce di legno e segatura, e cosa sono contro i secoli spazzati via i 27 anni (un mero quarto di secolo) che spariscono in quell'istante?

Profumo di legno, laboratorio di falegnameria.. il colletto della camicia dà noia, troppo duro, la cravatta mai a posto, la coda della camicia che esce dalla gonna troppo grande, ma quanto è scomoda, almeno mi posso togliere la giacca per quest'ora, la più bella della giornata.. che bello questo legno, che colori stupendi, che venature ondulate, graziose, che divertente inserire questo pezzetto in questa macchina e guardarlo uscire perfettamente sferica.. ma guarda, il mio incastro a coda di rondine funziona! Funziona! Prof, ci sono riuscita! Guarda! Mi posso togliere la cravatta? Posso cominciare il prossimo lavoro? Posso provare con la sabbiatrice grande? Posso usare la sega circolare? Posso Prof?

Falegnameria: istanti di "presentaneità" totale = felicità

libri

Come i tanti (e credo ancora siano in tanti) amanti dei libri - e intendo amanti, che amano anche toccare, strofinare, girare tra le mani, annusare il libro, che si godano il tipo di carta, persino il tipo di bianco della carta, il profumo della colla (quella migliore si trova nei tascabili della casa britannica Penguin), la larghezza dei margini, l'equilibrio tra il bianco e il nero, che chiudono gli occhi e sentono il peso del volume in mano - parto sempre dal presupposto che il libro è un mondo, una porta, una finestra, un cancello, un occhio, un orecchio, una bocca, una mano, un naso, un cuore. E quindi se mi emoziona quel mondo durante e dopo la lettura, quello che mi emoziona prima è l'anticipazione dell'emozione.

guardare gli arrivi per vedere se è atterrato l'aereo, tra pochi minuti aprono le porte automatiche e arriverà, e ci sarà il primo abbraccio dopo tanto

gli ultimi gradini prima di arrivare alla porta

il campanello, tra un paio di minuti le loro faccine e tutto va a posto

il giro della chiave, il primo rumore del motore, la strada tutta davanti

Ogni tanto arriva un libro che è diverso. L'ultimo dell'anno scorso (1), il primo di quest'anno (2).

(1) Il libro dono: condividere. Un libro del tutto inatteso, denso e ricco in ogni suo segno grafico, un libro dove tutto serve e neanche una virgola è sprecato. Chi sa scegliere e donare un libro così lascia sempre qualcosa di se stesso tra le pagine, come un fiorellino da campo cusodito lì.

(2) Il libro passaggio: trasmettere. Oggi la mia amica mi ha prestato un libro già in prestito: un atto di doppia fiducia. Il fluido delle parole di Irène Némirovsky ha trovato un canale libero e senza ostacoli, e io ancora prima di averle lette tutte cerco di trasmetterle anch'io e non diventare la diga che le ferma. Questo libro lo tengo tra le mani con reverenza, tengo tra le mani un scrigno più di un libro.

Irène Némirovsky, che allo scappare davanti all'arrivo dei nazisti, come aveva già fatto dai rivoluzionari russi nell'ottobre del 1917 aveva preferito consegnare alla carta tutte le parole possibili in un breve arco di tempo, condensare tutto suo essere in pochi mesi piuttosto che diluire ancora tanti anni di vita nel tempo a venire.

L'emozione è tanta quando F, che invece è scappata per gli stessi motivi ma ha lasciato gran parte del suo cuore in un incubo polacco, mi mette tra le mani il libro, come ha fatto G, altra Soppravissuta della Storia, con lei. E' un passaggio, non un prestito, non si passa con una mano, non si lascia sul tavolo. Si passa con due mani e si prende tra due mani.


Le due ultime lettere di Irène Némirovsky

Tolone S/Arroux 13 luglio 1942 ore 5

Amore mio, al momento mi trovo alla gendarmeria dove ho mangiato un pò di ribes aspettando che mi vengano a prendere. Soprattutto stai tranquillo, sono certa che non sarà una faccenda lunga. Ho pensato che ci si potrebbe rivolgere anche a Caillaux e al reverendo Dimnet. Che ne pensi?
Copro di baci le mie bambine adorate, e che la mia Denise faccia sempre la brava... Ti stringo forte sul cuore insieme con Babet, che il buon Dio vi protegga. Quanto a me, mi sento calma e forte.
Se poteste mandarmi qualcosa, credo che il secondo paio di occhiali sia rimasto nell'altra valigia (nel portafoglio). Anche libri per favore, e se è possibile un pò di burro salato. Arrivederci amore mio!


Giovedì mattina - luglio '42 - Pithiviers

Mio amato, mie piccole adorate, credo che partiamo oggi. Coraggio e speranza. Siete nel mio cuore, miei diletti. Che Dio ci aiuti tutti.


dalle lettere del marito, Michel Epstein:
6 agosto, 1942
(a André Sabatier)

... Continuo a non aver notizie di mia moglie. E' dura. .....

9 agosto, 1942
(a André Sabatier)

... non ho neppure la consolazione di poter agire. Non riesco più né a dormire nè a mangiare...


infine
24 dicembre, 1945
W. Tideman a Irène Némirovsky

Sono un giornalista di un quotidiano di Leida (Olanda) al quale ho proposto la traduzione di un romanzo o un racconto francese da pubblicare come feuilleton.... E ho pensato a lei, benché di lei conosca solo i romanzi.

29 dicembre, 1945
Risposta di Albin Michel a W. Tideman

Ho preso conoscenza della lettera indirizzata a I. Nèmirovsky presso la mia casa editrice, non potendo ahimé trasmetterla alla sua destinataria.
La signora Némirovsky, infatti, è stata arrestata nel luglio 1942 e poi, pare, deportata in Polonia. Dal giorno del suo arresto nessuno ha più saputo niente di lei.

DEDICA:
"Sulle tracce di mia madre e di mio padre, per mia sorella Elisabeth Gille, per i miei figli e i miei nipoti, questa Memoria da trasmettere, e per tutti quelli che hanno conosciuto e ancora oggi conoscono il dramma dell'intolleranza".
Denise Epstein


Irène Némirovsky, Suite Francese
A cura di: Denise Epstein e Olivier Rubinstein
Traduzione di: Laura Frausin Guarino
Adelphi Edizioni, 2005

Quando ogni commento non fa che impoverire.

Thursday, January 11, 2007

perché non si sa cosa dire?

Oggi nel parcheggio del Discount ho incontrato Nadia e Dario. Nadia ha sepolto suo primogenito, un splendido uomo di 29 anni, e Dario il suo unico fratello, suo migliore amico, due giorni prima di Natale.

Nel parcheggio ci siamo abbracciati e abbiamo pianto in silenzio tra i carrelli e le macchine e la gente che passava con buste di plastica gialla piene di provviste a buon prezzo.

Ho detto che erano meravigliosi quel giorno. La nonna era sorretta da due persone. La zia è quasi collassata. Ma Nadia era sola in mezzo a tutti come una colonna. Dario, che non ha nemmeno finito le scuole, ha letto un tributo a suo fratello a voce e testa alte davanti a centinaia di persone, riscuotendo un lungo applauso. Non ha nemmeno finito le scuole ma è già un uomo.

- Chiamami in qualsiasi momento, sono quasi sempre in casa, viene a prendere il caffè
Hai appena sepolto tuo figlio, tuo piccolo, la tua luce, la tua vita, e to sto offrendo un caffè, dio mio

- Mi raccomando, prima degli esami chiamami che facciamo un ripasso per bene dell'inglese e ti prendi un bel 10 coi fiocchi
Hai appena sepolto il fratellone, quello che ti portava fuori con la bici, tuo amico e modello, e sto cercando di riempire il buco con qualche lezione di inglese gratis, dio mio

E tutto il tempo stiamo sorridendo e piangendo, parlando a bassa voce, e l'aria è tagliata da grida stridule di angoscia e i cuori sanguinano e lasciano un pozzo di dolore caldo e rosso per terra.

non raggiungibile

Stanotte ho sognato di aver trovato il cellulare di mio papà ancora acceso e funzionante. Con la logica dei sogni non ero affatto sorpresa nè da una batteria che rimane caricata per 14 mesi, nè dal fatto che mio papà avrebbe preferito possedere un'acquario di tarantule che un cellulare.

Ho visto che c'erano dei messaggi, e allora ho tentato di spedirgli degli sms. Niente risposta.

Si vede che sta meglio dov'è adesso. Spero soltanto che si stia facendo un stoccaggio di buon whisky per quando lo raggiungo io.

Wednesday, January 10, 2007

Che albero è, il tuo?

Oggi, con tristezza infantile, ho disfatto l'albero di Natale. :-(

E' un albero scozzese. Penzola, ciucco, da una parte. Non sarà mai elegante come alcuni alberi che vedo, con le palline uniformi (mai visto una cosa simile neanche in natura però..), con i colori in tinta, con tutto bilanciato a secondo il triangolo d'oro e altri parametri di perfetto buon gusto.

Il mio è un albero kitsch, storto, sgargiante, pesante. Barcolla per il peso delle cose appese e appoggiate su di lui.

In cima c’è una stella in cartoncino giallo fatto da un ragazzo quando era bimbo piccolo: il segno, la guida che trascina per una strada. Invece auguro a tutti ciò che dice DeCaDe: basta eroi e modelli. Che ognuno trovi la sua stella dentro di se e che segua quella.

Il mio albero dimostra chiari legami con un remoto passato religioso di stampo cristiano. Più o meno. C’è un angelo, perfetto e candido, in gesso bianco. Un angelo fatto dalle manine di qualche bambino che ci credeva, che era convinto di ritrarre la verità. Che bello se ci fossero davvero, quegli esseri materni e paterni di Wim Wenders, così infiniti nella loro dolce comprensione. Qualsiasi cosa che hai fatto, ti mettono il braccio intorno alle spalle e sollevano il dolore. Dicono di più sull’anima di Wenders che altro. La mia amica Bianca tiene la piccola galleria di suo compagno Piero, scultore. Un giorno Wenders era in città. La mia eccentrica amica decide che lui è il tipo che può comprendere le piccole opere fatte ultimamente da suo amore. Le mette in un cesto e si reca al set.

Wenders viene informato che una probabile squilibrata vuole mostrargli un cesto di piccole sculture. La vede e passa del tempo con lei, guardando ogni pezzo, ascoltando ogni parola. Alla fine:
“Signora, perché lei ha voluto mostrare queste cose proprio a me?”
“Perché pensavo che lei avrebbe capito.”
“Grazie, davvero, grazie.”

L’albero è ricoperto di ogni tipo di “lavoretto”. Ho già espresso il mio benessere quando riesco a liberarmi di oggetti-ricordi, ma questi MAI. Un giorno le manine che li hanno fatti saranno più grandi e in qualche caso decisamente più pelose delle mie, e io ho bisogno di quei lavoretti per vedere ancora la manine che stavano sul palmo della mia. Sono troppo inzuppati di amore e felicità, illuminano il buio come torce quando ogni anno li tiro fuori dalla scatola. E poi in fondo occupano meno spazio delle mie calze.. (ma questa è un'altra storia).

L’albero è ricoperto di oggetti dissacranti, accanto all’angelo ci sono gli orsacchiotti in cestini mini, le finte caramelle, le casette dipinte con la neve. C’è l’oggetto più abominevole mai visto su un albero: un trionfo di kitsch, di non-senso, di fusione totale tra valori e non valori, religione e assenza di fede, la ricerca dell’infanzia e il consumismo qui e ora:

un puffo vestito da Babbo Natale.

Come liberarmi di una tale meraviglia?

C’è però una cosa che non permetterò MAI sul mio albero: per nessun ragione al mondo ci metterò le LUCINE AD INTERMITTENZA. Quelle no. C’è un limite a tutto…

Ora che ci penso...

Oggi con i miei studenti di inglese ho fatto il gioco di Rillo tanto per cominciare bene l'anno. Soprattutto le cinque cose meglio fatte del 2006. I quattro si sono guardati un pò smarriti. Si sono grattati i capi. Si sono messi a giocare con le biro.
- Boh.
Naaah, dico io, o gli esercizi di grammatica oppure sforzatevi. E dopo uno sforzo ecco cosa viene fuori:
- due hanno fatto un figlio (con i rispettivi partners, non insieme)
- una ha cominciato a suonare il sassofono
- uno ha imparato ad andare in moto a 40 anni superati
- una ha attraversato Lago Maggiore a nuoto
- uno ha visitato sei capitali europei in un anno
Sottovalutarsi...!

Sunday, January 07, 2007

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio...

Questo dal homepage di Yahoo Italia:
'Non mettere persone nella lavatrice': è il messaggio che in USA ha vinto il concorso sulle 'etichette di avviso no-sense'.

Mi ricorda un giorno che, prendendo il caffè dai miei vicini, ho potuto assistere alla lettura del libretto che accompagnava un nuovo ferro da stiro.

Dopo avere aperto la scatola, tirato fuori il ferro e poi estratto dal fondo il libretto istruzioni, mio vicino ha letto a voce altra le prime istruzioni:
1. Aprire la scatola.
2. Estrarre il ferro.

Poi, andando avanti, abbiamo visto che era necessario, prima di usare il ferro, "togliere il ferro dalla busta di plastica che lo protegge". Ma va?

E che dire di:
- afferare soltanto per l'impugnatura
- non toccare la piastra del ferro quando è rovente; rischio di ustioni.

La cosa incredibile è pensare che probabilmente ognuno di queste istruzioni è stata scritta dopo che qualche poveraccio abbia veramente cercato di stirarsi la camicia attraverso la busta di plastica afferando il ferro per la piastra. Oppure l'abbia riportato al negozio chiedendo il rimborso dopo che ha visto che la scatola non stirava mica tanto bene anche se il ferro era al massimo...

Wednesday, January 03, 2007

Le Sparate migliori.. finora..

Inciampi (diversi da CarloAzeglioCiampi, molto corretto ed eloquente):

- che bello vedere la neve sulle tette
- si fa con farina, uova, struzzo...
- credo di essere in Via Senso Unico (di "Bella", in Italia da due ore)
- (dal treno) come si chiama questo posto? Binario?
- sai quel posto dove si mettono i neonati, insomma, come si chiama, il culo (di Margaret)
- l'asino con le sue zoccole..
- siamo andati al ristorante a farci rifucilare

Watch this space...

Inizioannite e terapia

Come ogni anno mi trovo vittima di un improvviso e urgente bisogno di svuotare la mia casa dell'intero suo contenuto, di liberarmi di ogni cosa che contiene, di fare piazze pulita. E come ogni anno eccomi intenta a svuotare ogni armadio, ogni cassetto, nella speranza di almeno dimezzare ciò che giace dentro. Roba mai usata, non più usata, roba che sta lì perché "non si sa mai" (e invece so benissimo che non metterò mai quel maglione-regalo che sembra l'incubo di uno stilista psicopatica che si nutre di LSD e Assenzia), perché "mi ricorda" (e invece io mi ricordo lo stesso, anche quando non voglio).

Niente di meglio che incominciare l'anno con quella sensazione di orgasmo multiplo che è portare sacco dopo sacco di roba inutilazzata e inutilizzabile alla spazzatura. E poi quella sublime felicità nirvanesca, quell'essere raggiunta alla propria realizzazione terrestre, l'essersi fusa con il cosmos, che è arrivare alla discarica comunale, esibire la tessera su gentile richiesta dell'adetto e indicare il retro della macchina che sta per scopiare ripetendo la sacra mantra: ho un pò di roba lì da buttar via.

Ed eccomi oggi alle prese con i cassetti dei medicinali. Con un "operatore sanitario" per la casa arrivano centinaia di scatole, scatolette, tubicini, barattole, vasetti, flaconcini, per lo più vuoti al 90% perché campioni. Devastanti mangiatori di spazio che non servono a curare (cosa me ne faccio di una medicina "indicata nella cura del morbo di Parkinson" o che elenca tra gli effetti collaterali "due casi di decesso"?) ma servono soltanto a far stare male, ad ingombrare il mio spazio. Gli unici momenti di benessere che mi danno sono questi: il liberarmi, e il godimento linguistico. Sto seduta a gustarmi le contorsioni della lingua italiana perpetrate in laboratorio nel tentativo di dare un nome conciso, forte e memorabile a qualcosa che deriva da un principio attivo impronunciabile di almeno 14 sillabe. Leggo uno per uno i nomi ad alta voce, devo sillabare come una bambina in prima: la prova sul campo che nostro cervello legge per riconoscimento e riferimento al suo archivio privato, prendendo un "assaggio" di consonanti e ricostruendo la parole probabile. Il T9 non è che un'imitazione della natura.

Ed eccomi, la familiarità linguistica toltami, a sillabare, inciampare, cadere, tornare indietro e ripartire.Nomi da fiaba, nomi che sembrano tutt'altro, favole e storie e posti e persone visti soltanto in maniera vaga e accennata, elementi da riempire e imbottire, T9 della fantasia:

Anauran: che sembra un guerriero di Star Wars
Froben: che sembra il fratello minore di Frodo
Otobrain: che sembra un sistema di pilotaggio automatico
FluniTop: che sembra un groviglio di scivole in piscina per bambini
Tobral: che sembra un giovane eroe bulgaro
Dicloreum: che sembra la stanza di una ricca villa romana dove la roba veniva disinfettata
Fluimicil: che sembra più un virus letale che una cura
Bioclin: che sembra una roba per lavatrice e non qualcosa per il cuoio capelluto
Erdotin e Neoiodorsolo: che sembrano due re assiro-babilonesi
Atrosilene: che sembra una pornostar con problemi di vecchiaia
Naristar: che sembra una nave di crociera dove si ascolta Umberto Smaila dal vivo e si fanno i giochi collettivi all'ora dell'aperitivo
Velamox: che sembra il nemico agguerrito dell'automobilista in fretta

E poi: Placentex - così trasparente sul suo ingrediente principale da risultare ammirevole

E infine: il godimento visivo di Abiostil: un'eccezione tra le eleganti e discrete scatole bianche con scritta in blu o verde scuro. Ecco la scatola: a righe giallo acido e bianco come una tenda da sola sulla costa azzura e la scritta bianca su un fondo ovale in fuchsia vivace. Un'opera d'arte psichedelica, una gioia, soltanto a guardarla si sta già meglio, anche se non si sa cosa si dovrebbe avere e cosa cura. Colorterapia.

Tuesday, January 02, 2007

Nuovo anno, nuovo blog

Tra le migliaia di propositi dell'anno: trovare la giamaicana in me.

Don't worry, be happy.

Anche se i dreadlocks rasta stanno male sui capelli rossicci, posso farli crescere dentro: imparare che le vere grane sono pochissime. Imparare che alla mia età sono abbastanza grande da poter affrontare (quasi) qualsiasi cosa. Diventare come mio cugino Richard che vive sulle Isole Cayman con la sua moglie. Che senza problemi ha scambiato le sue Isole Orcadi, dove ha imparato a divertirsi senza ritegno, per le Isole Cayman, dove ha imparato a fregarsene delle rogne che accadono tra un divertimento e un'altro (anche questo senza ritegno).

Tra i biglietti di natale ricevuti quest'anno, pieni di rassicuranti notizie che tutto va bene, tutti i vari cugini e amici sono a posto, i vari cuginetti e amichetti crescono bene, spicca quello di Richard e Niamh:
Tra le varie grane subite da loro un problemino con la casa. Caduto il tetto? Crepe nelle pareti? Leggero cedimento delle fondamenta? Ma no. Uragano Ivan si è semplicemente portato via l'intera casa. Come nel Mago di Oz quando Dorothy si sbatte la testa. Si sono disperati? Naaah. Si sono messi a ricostruirla tra un'immersione e un'altra.

Secondo proposito per l'anno:
trovare il tempo per scrivere almeno un secondo post.

Proposito grammaticale-ortografico per l'anno:
corrigere i miei orrori