Wednesday, January 03, 2007

Inizioannite e terapia

Come ogni anno mi trovo vittima di un improvviso e urgente bisogno di svuotare la mia casa dell'intero suo contenuto, di liberarmi di ogni cosa che contiene, di fare piazze pulita. E come ogni anno eccomi intenta a svuotare ogni armadio, ogni cassetto, nella speranza di almeno dimezzare ciò che giace dentro. Roba mai usata, non più usata, roba che sta lì perché "non si sa mai" (e invece so benissimo che non metterò mai quel maglione-regalo che sembra l'incubo di uno stilista psicopatica che si nutre di LSD e Assenzia), perché "mi ricorda" (e invece io mi ricordo lo stesso, anche quando non voglio).

Niente di meglio che incominciare l'anno con quella sensazione di orgasmo multiplo che è portare sacco dopo sacco di roba inutilazzata e inutilizzabile alla spazzatura. E poi quella sublime felicità nirvanesca, quell'essere raggiunta alla propria realizzazione terrestre, l'essersi fusa con il cosmos, che è arrivare alla discarica comunale, esibire la tessera su gentile richiesta dell'adetto e indicare il retro della macchina che sta per scopiare ripetendo la sacra mantra: ho un pò di roba lì da buttar via.

Ed eccomi oggi alle prese con i cassetti dei medicinali. Con un "operatore sanitario" per la casa arrivano centinaia di scatole, scatolette, tubicini, barattole, vasetti, flaconcini, per lo più vuoti al 90% perché campioni. Devastanti mangiatori di spazio che non servono a curare (cosa me ne faccio di una medicina "indicata nella cura del morbo di Parkinson" o che elenca tra gli effetti collaterali "due casi di decesso"?) ma servono soltanto a far stare male, ad ingombrare il mio spazio. Gli unici momenti di benessere che mi danno sono questi: il liberarmi, e il godimento linguistico. Sto seduta a gustarmi le contorsioni della lingua italiana perpetrate in laboratorio nel tentativo di dare un nome conciso, forte e memorabile a qualcosa che deriva da un principio attivo impronunciabile di almeno 14 sillabe. Leggo uno per uno i nomi ad alta voce, devo sillabare come una bambina in prima: la prova sul campo che nostro cervello legge per riconoscimento e riferimento al suo archivio privato, prendendo un "assaggio" di consonanti e ricostruendo la parole probabile. Il T9 non è che un'imitazione della natura.

Ed eccomi, la familiarità linguistica toltami, a sillabare, inciampare, cadere, tornare indietro e ripartire.Nomi da fiaba, nomi che sembrano tutt'altro, favole e storie e posti e persone visti soltanto in maniera vaga e accennata, elementi da riempire e imbottire, T9 della fantasia:

Anauran: che sembra un guerriero di Star Wars
Froben: che sembra il fratello minore di Frodo
Otobrain: che sembra un sistema di pilotaggio automatico
FluniTop: che sembra un groviglio di scivole in piscina per bambini
Tobral: che sembra un giovane eroe bulgaro
Dicloreum: che sembra la stanza di una ricca villa romana dove la roba veniva disinfettata
Fluimicil: che sembra più un virus letale che una cura
Bioclin: che sembra una roba per lavatrice e non qualcosa per il cuoio capelluto
Erdotin e Neoiodorsolo: che sembrano due re assiro-babilonesi
Atrosilene: che sembra una pornostar con problemi di vecchiaia
Naristar: che sembra una nave di crociera dove si ascolta Umberto Smaila dal vivo e si fanno i giochi collettivi all'ora dell'aperitivo
Velamox: che sembra il nemico agguerrito dell'automobilista in fretta

E poi: Placentex - così trasparente sul suo ingrediente principale da risultare ammirevole

E infine: il godimento visivo di Abiostil: un'eccezione tra le eleganti e discrete scatole bianche con scritta in blu o verde scuro. Ecco la scatola: a righe giallo acido e bianco come una tenda da sola sulla costa azzura e la scritta bianca su un fondo ovale in fuchsia vivace. Un'opera d'arte psichedelica, una gioia, soltanto a guardarla si sta già meglio, anche se non si sa cosa si dovrebbe avere e cosa cura. Colorterapia.

4 Comments:

At 5:08 PM , Anonymous Anonymous said...

Sgombrare. Buttare fuori di casa ciò che non serve.
Ho scoperto questa utilissima “arte” due anni fa (un po’ di più, ma non facciamo i pignoli!) quando ho fatto il “trasloco decisivo” (non definitivo perché penso di essere ancora troppo giovane per ritenere definitivo un cambiamento anche se importante). Cambiare città, cambiare lavoro, organizzare nuovi spazi. Inscatolare la mia vita, foglio per foglio, bicchiere per bicchiere, libro per libro, foto per foto… Non c’era posto nella mia nuova vita per il superfluo, per tutto quello che (provare per credere!) riusciamo stoltamente ad accumulare in una casa. Inizialmente a malincuore, poi con sempre maggiore senso di liberazione ho iniziato a regalare ciò che ritenevo più utile ad altri, ricevendone, peraltro, in cambio un non richiesto ma confortante grazie. Così la mia collezione di Dylan Dog (ormai solo un soprammobile ingombrante nel mio studio) è finita nella libreria di un amico che li sfoglia, li rilegge, li fa rivivere. Il vaso di cristallo (bello per carità, ma tanto fragile per resistere a lungo alla mia disattenzione) troneggia con nuovo splendore illuminando un angolo buio del soggiorno di mia sorella. Gli abiti (alcuni mai indossati) sono stati distribuiti e forse qualcuno ha saputo farne miglior uso. Qualunque uso è migliore se l’alternativa è di lasciarli negli armadi. Anche qualora fossero diventati stracci per lucidare il pavimento. Sarebbe bello da vedere. Lucida pavimenti firmato Armani. Si accomodino signore… per i vetri della cucina suggerisco questo D&G mai indossato o usato pochissimo; per il bagno suggerisco stracci di Dior…
Ma soprattutto, ho buttato via vecchie lettere, vecchi documenti, vecchie riviste… questo, (c’ho messo un po’ a capirlo, e c’è voluto un movimento tellurico come un trasferimento con trasloco perché ne prendessi atto) non significa buttare i ricordi. Significa lasciare che vivano dentro di noi, senza materialità, con l’irruenza della loro sola forza, del loro averci resi felici, tristi, emozionati, ridicoli, grandi, allegri, addolorati…

 
At 8:41 PM , Anonymous Anonymous said...

La mia affinità elettiva con il feng shui, che mi procura un intenso godimento quando elimino il superfluo (cioè quasi tutto) è fortemente contrastata dall'istinto di formichine di mia moglie e mio figlio, che non getterebbero via niente. Eppure è così bello scoprire l'essenzialità dello spazio vuoto, potersi muovere invece che navigare tra un mare di oggetti inutili. Anche io penso che la conservazione degli oggetti non abbia niente a che vedere con la nostra memoria, ma anche se l'avesse, che senso avrebbe vivere di ricordi?

 
At 1:22 PM , Blogger Bhuidhe said...

Disfare i monumenti e gli altari che ci costruiamo credo sia una cosa molto dura, ma il senso di libertà e liberazione è impagabile.

 
At 8:20 AM , Blogger oakleyses said...

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