Pronto soccorso
Ha la febbre, è pieno fino alle orecchie di tachipirina. Il corridoio fuori è gremito di gente, feriti ambulanti, giramenti di testa seduti, crolli sdraiati attaccati alla flebo, parenti preoccupati, parenti isterici, parenti da ricovero coatto. E nonostante stia peggio almeno della metà dei mal di testa, lievi episodi di sangue al naso ecc corre, letteralmente corre, tra le tre sale visita che sono disposte in fila, separate da porte a soffietto. E nonostante corre, letteralmente corre, tra un malato e un'altro per dodici ore di fila, e ha la febbre, quando si ferma davanti a te, che hai paura e stai tremando per lo schock e ti senti persa in un dolore tra poco non più sopportabile, è calmo, forte, e sereno. Ti legge negli occhi e ti rassicura senza verbalizzare quello che legge. Con infinita dolcezza ti esamina e ti medica. Ti lascia con competenti e materne infermiere ma torna quattro volte (correndo) per assicurarsi che vada tutto bene. Trova il tempo per fare una telefonata rassicurante in un'altra città tenendo il telefono tra testa e spalla perché ha le mani piene di flaconi e garze per un'altro paziente. E poi di nuovo a correre tra un infarto e un dito mezzo amputato.
Non so cosa lo pagano ma non è abbastanza.
Dott. Bianchi, Pronto Soccorso, Ospedale di Circolo, Varese.
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