La Medicina che Guarisce
Quando si arriva nel corridoio con la fila di sedie in plastica (perché questo è, dopottutto, il Reparto di Chirurgia Plastica) si rimane un momento sconcertati. Non è come altri ambulatori. Si sente, ma ci si mette un attimo a capire perché. E' un banalissimo corridoio da ospedale, uguali ad altre migliaia di corridoi da ospedale, stessi materiali, stessi colori, stessi odori.
È che la gente sta bene. Cioè non sta affatto bene. Ma sta bene.
Per far passare l'attesa si legge la bacheca. È piena di lettere, biglietti, persino poesie. Questo Reparto ispira la poesia. Si leggono dei problemi, anche gravi, della paura, della disperazione. Si legge della guarigione dal male e anche dalla paura e la disperazione. Le parole che più si ritrovano sono "umanità", "comprensione", "dolcezza". C'è il disegno di una bambina di 6 o 7 anni. C'è scritto "grazie per avermi ridata mia mamma".
Il Professore esce dalla sala visita. Di colpo tutte le facce si girano con occhi e sorrisi che dimostrano tanto, ma tanto più di un semplice rispetto professionale. Deve passare in un'altra sala e per questo passa lungo il corridoio. Una battuta per ogni persona, un scherzo, una presina in giro, una risata. Viene fermato più volte e sempre si lascia fermare. Non importa cos'ha da fare, questi sono i suoi malati e ha tempo prima di tutto per loro.
"Professore, mio marito non cammina più, come possiamo fare?"
"Telefono al servizio ambulanze, lo facciamo portare da loro."
"Signora, ma lei è guarita! Come mai qui di nuovo?"
"È che mi mancavate, volevo farvi un saluto."
"Signore, la vedo giù oggi."
"È che mi fa più male del solito oggi."
"No, ma dico lei, la vedo giù, di morale. Non va bene. Dobbiamo fare qualcosa."
Avevo telefonato due giorni prima, e avevo parlato con uno dei bravissimi specializzandi che collaborano con lui. Non con lui di persona. Ma:
"E come vanno queste mani oggi? Va meglio con il nuovo antidolorifico?"
Va meglio perché c'è questo posto e ci sono questi medici. Va meglio perché le visite e le medicazioni sono talmente farcite di battute e scambi veloci e brillanti da essere meglio di un cabaret. Va meglio perché questi medici praticano una cura olistica: mentre tagliuzzano, sistemano, tirano, stirano, spalmano e bendano, stanno praticando un accurata ed efficace cura di tutte le persone spaventate, fragili, deboli e ferite che popolano la chirurgia plastica.
I feriti e malati in questo reparto sono doppiamente feriti e malati. Quando si guardano allo specchio non si conoscono più. La loro identità è frantumata. Le facce, le mani, si guardano e si vedono disintegrare. Questi medici sanno medicare queste ferite.
Quello che ti investe mentre aspetti sono gli occhi di questi malati. Occhi che sorridono da sotto un cappello che nasconde la testa calva, o tra medicazioni un pò ovunque in faccia, o da sopra due gambe storte e zoppe. Occhi dolci e saggi.
"Come stanno le tue mani, cara? Cosa ti dicono?"
Una signora che non ho mai visto un vita mia.
"Tanti auguri cara, stammi bene!"
Un'altra signora che non ho mai visto in vita mia.
Si sente la visita nell'altra sala.
"Lei è troppo giù di morale, non mi piace. Penso che la ricoveriamo un giorno prima. Si sentirebbe meglio? Sollevato?"
La piccola folla nel corridoio mormora e fa cenni di approvazione.
"Sono così umani." "È davvero una persona umana, comprensiva." "Sono bravi, tanto bravi, anche i giovani."
Il Professore torna indietro dall'altra sala medica. Ormai c'è parecchia gente. In mezzo alla gente si ferma, bloccato per le borse e i capotti, e con finta disperazione si mette le mani tra i capelli.
"Tutti qui! È che si sta troppo bene qui, si sta troppo bene!"
Vero.
Professore Valdatta e i suoi Specializzandi, Reparto di Chirurgia Plastica, Ospedale di Circolo, Varese.
6 Comments:
E' bella l'immagine che dai di questo ospedale, di come i medici si danno da fare e dell'atmosfera che vi regna.
In altre realtà spesso non è così, ma bisogna anche ammettere che la percezione che abbiamo come malati spesso non è la stessa che da spettatori o da personale medico.
Il medico è un mestiere molto particolare, in cui l'interazione con il paziente è molto forte, e le sensazioni emotive si libaarno facilmente, perché l'individuo è più fragile e abbassa le sue difese.
Però anche per un medico credo sia stimolante lavorare in ambienti del genere, sentire il contatto con i suoi malati, la loro gratitudine, anche le loro lamentele.
Immagino che non siamo molti i pazienti con il tuo sense of humour, la maggior parte saranno noiosi come siamo noi italiani, ma la sensazione di aiutare gli altri deve comunque essere un grande incentivo ad andare avanti, comunque.
A proposito, come vanno le tue mani?
Così bello che, se mi chiedessero di indicarlo, mi verrebbe da dire: vada dritto, poi prossimo miraggio a sinistra.
Ti abbraccio.
Angelo: il paziente spesso vuole molto di più da suo medico che bravura medica, e quando lo trova, la gratitudine tende ad essere eterna. I regalini a natale da pazienti guariti più di cinque o sei o dieci anni fa arrivano ancora.
Le mani meglio ogni giorno e la cosa importante è che funzionano come prima.
Assu: forse è più comune di quanto vogliamo ammettere. Va molto di modo la "malasanità", che esiste come esiste il "mala-insegnamento" e la "malapubblicità" ecc, ma non racconta tutta la storia.
ti leggo attraverso la segnalazione di assu
un bel post che mi sono permessa di riportare nel mio blog
dove potrai notare si parla di medicina
ma medicina e malasanità appartenente al SUD
uno bello scambio di opinioni
tornerò a leggerti
ciao
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