Opposites attract
Si dice che ognuno di noi ha un suo doppio da qualche parte nel mondo. Si dice che c’è un universo parallelo e tutto si ripete lì. Non so, ma so che venerdì pomeriggio sul treno da Milano ho incontrato la signora che è il mio esatto e totale opposto.
Dopo una giornata normale lei aveva i capelli come fosse uscita dalla parrucchiera (forse lo era), io no. Aveva i vestiti che profumavano ancora del ferro da stiro. Io no. Aveva le scarpe pulite e lucidate. Io no. Si sedeva composta di signora con le sue perfette gambine ritirate sotto il sedile. Io non ci riesco. Il suo trucco era perfettamente a posto. Il mio no. Era quella persona ordinata, composta, raccolta e posata che ho sempre cercata di essere. Ogni tanto ci riesco per qualche minuto. Poi inevitabilmente inciampo su qualcosa, mi strofino gli occhi e mando il mascara dappertutto, mi gratto la testa e finisco per sembrare Stan Laurel, mi salta un bottone, mi si buca la calza.
La cosa affascinante di questa signora è come ha passato il suo viaggio (35 minuti). Ha appena comperato, da un grande magazzino di successo che piace pure a me, una specie di giubbotto da donna in stile casual, con tante taschine chiuse a lampo e bottoni automatici. La signora ha con sé una bellissima pochette e dentro tiene aghi, fili colorati e una forbicina. Per dieci minuti esamina ogni cucitura della giacca e cuce (ma tu guarda! Ha il filo di quel colore!) e fissa i punti finali. Lentamente, con posata e infinita pazienza. Finito questo lavoro, mette a posto ago e filo e prende la forbicina. Con la stessa lenta, posata e infinita pazienza esamina ogni centimetro della giacca e dovunque trova un millimetro di filo che spunta da una cucitura, zac! Via! Ripete l’operazione all’interno con la fodera. Mette via la forbicina con gli stessi gesti lenti, posati e pazienti (che non saranno mai mie, ho i lividi perché corro persino in casa e così di frequente mi urto contro i mobili). Comincia poi ad esaminare ogni chiusura a lampo. Le apre e chiude tutte almeno tre volte. Esamina da vicino e se vede un graffietto, lucida con un piccolo pezzetto di cotone. Scorge un filo che aveva perso, fuori di nuovo la forbicina. Finalmente passa ai bottoni automatici. Ognuno chiuso e aperto ripetutamente. Ma non come faccio io (trac!), ma inserendo un unghia e separandoli con la dolcezza che si userebbe per due fogli d’oro. Di colpo nota che c’è un bottone non perfettamente inserito – da sotto il bottone escono due fili! Via con la forbicina, un intervento delicato. Io con la forbicina avrei semplicemente tagliato via i fili. Lei con pazienza e precisione chirurgiche riesce ad inserire di nuovo i fili sotto il bottone.
Sono a bocca aperta. Non ho mai visto un nuovo acquisto comandare questa attenzione, questo rispetto. Non ho mai visto (e partecipato si può dire) ad una cosa così al contrario della mia natura. Mi chiedo a cosa serve tutto questa rigorosa attenzione ad ogni cosa? Sono sospettosa.
La giacca è riposta nella sua busta, che reca il nome del grande magazzino di successo che conosco anch’io, e la signora tira fuori un telefonino. Ovviamente perfetto, senza un graffio (a differenza del mio che ho scelto volutamente in un materiale simil-gomma, per proteggerlo da me stessa). Chiama quella che si rivela un’anziana zia. Con infinita, lenta e posata pazienza si informa sui minimi dettagli della giornata della zia. La informa che ad un ora (e precisa ora e minuti) aveva telefonato ieri sera ma non c’era risposta, il telefona era messo giù male. Così ha informato la signora che la assiste di giorno ed è per quello che è arrivata lì a quell’ora della sera, per controllare (no, ci penso io al ricompenso). Si informa sulla comodità di una nuova sedia della quale la zia ha preso possesso in mattinata. Informa la signora anziana dell’ora esatta della prossima telefonata (tra breve), così saprà chi è e potrà rispondere tranquillamente.
Ah ecco. Ecco a cosa servono la lenta, posata e infinita pazienza, la microscopica attenzione ai dettagli assolutamente minimi di questa signora, che è il mio assoluto opposto.
Dopo una giornata normale lei aveva i capelli come fosse uscita dalla parrucchiera (forse lo era), io no. Aveva i vestiti che profumavano ancora del ferro da stiro. Io no. Aveva le scarpe pulite e lucidate. Io no. Si sedeva composta di signora con le sue perfette gambine ritirate sotto il sedile. Io non ci riesco. Il suo trucco era perfettamente a posto. Il mio no. Era quella persona ordinata, composta, raccolta e posata che ho sempre cercata di essere. Ogni tanto ci riesco per qualche minuto. Poi inevitabilmente inciampo su qualcosa, mi strofino gli occhi e mando il mascara dappertutto, mi gratto la testa e finisco per sembrare Stan Laurel, mi salta un bottone, mi si buca la calza.
La cosa affascinante di questa signora è come ha passato il suo viaggio (35 minuti). Ha appena comperato, da un grande magazzino di successo che piace pure a me, una specie di giubbotto da donna in stile casual, con tante taschine chiuse a lampo e bottoni automatici. La signora ha con sé una bellissima pochette e dentro tiene aghi, fili colorati e una forbicina. Per dieci minuti esamina ogni cucitura della giacca e cuce (ma tu guarda! Ha il filo di quel colore!) e fissa i punti finali. Lentamente, con posata e infinita pazienza. Finito questo lavoro, mette a posto ago e filo e prende la forbicina. Con la stessa lenta, posata e infinita pazienza esamina ogni centimetro della giacca e dovunque trova un millimetro di filo che spunta da una cucitura, zac! Via! Ripete l’operazione all’interno con la fodera. Mette via la forbicina con gli stessi gesti lenti, posati e pazienti (che non saranno mai mie, ho i lividi perché corro persino in casa e così di frequente mi urto contro i mobili). Comincia poi ad esaminare ogni chiusura a lampo. Le apre e chiude tutte almeno tre volte. Esamina da vicino e se vede un graffietto, lucida con un piccolo pezzetto di cotone. Scorge un filo che aveva perso, fuori di nuovo la forbicina. Finalmente passa ai bottoni automatici. Ognuno chiuso e aperto ripetutamente. Ma non come faccio io (trac!), ma inserendo un unghia e separandoli con la dolcezza che si userebbe per due fogli d’oro. Di colpo nota che c’è un bottone non perfettamente inserito – da sotto il bottone escono due fili! Via con la forbicina, un intervento delicato. Io con la forbicina avrei semplicemente tagliato via i fili. Lei con pazienza e precisione chirurgiche riesce ad inserire di nuovo i fili sotto il bottone.
Sono a bocca aperta. Non ho mai visto un nuovo acquisto comandare questa attenzione, questo rispetto. Non ho mai visto (e partecipato si può dire) ad una cosa così al contrario della mia natura. Mi chiedo a cosa serve tutto questa rigorosa attenzione ad ogni cosa? Sono sospettosa.
La giacca è riposta nella sua busta, che reca il nome del grande magazzino di successo che conosco anch’io, e la signora tira fuori un telefonino. Ovviamente perfetto, senza un graffio (a differenza del mio che ho scelto volutamente in un materiale simil-gomma, per proteggerlo da me stessa). Chiama quella che si rivela un’anziana zia. Con infinita, lenta e posata pazienza si informa sui minimi dettagli della giornata della zia. La informa che ad un ora (e precisa ora e minuti) aveva telefonato ieri sera ma non c’era risposta, il telefona era messo giù male. Così ha informato la signora che la assiste di giorno ed è per quello che è arrivata lì a quell’ora della sera, per controllare (no, ci penso io al ricompenso). Si informa sulla comodità di una nuova sedia della quale la zia ha preso possesso in mattinata. Informa la signora anziana dell’ora esatta della prossima telefonata (tra breve), così saprà chi è e potrà rispondere tranquillamente.
Ah ecco. Ecco a cosa servono la lenta, posata e infinita pazienza, la microscopica attenzione ai dettagli assolutamente minimi di questa signora, che è il mio assoluto opposto.
********************************************************************************
They say we all have a double somewhere in this world. They say there’s another, parallel universe where everything we are and do is repeated. All I have to report is that on Friday afternoon on the train from Milan I met the woman who is my exact and absolute opposite.
A normal day is nearing its conclusion. But this woman looks as if she’s just been to the hairdresser’s (maybe she has), I don’t. Her clothes still have the smell of a steam iron about them, mine don’t. Her shoes aren’t new but they’re clean and polished. Mine are neither one thing nor the other. She sits in a ladylike fashion with her legs recoiled under the seat. I can’t do that. Her makeup is perfect. Mine’s all over the place. She is exactly that orderly, tidy, composed person I have also tried and always failed miserably to be. Every so often I manage for a few minutes, and then inevitably I trip up, I rub my eyes and get mascara all over my face, I scratch my head and end up looking like Stan Laurel, a button falls off somewhere, I get a hole in my socks.
What’s really fascinating about this lady is how she spends her 35-minute train journey. She’s just been to a popular department store, which I also go to, and she’s bought a new jacket, casual style with lots of zipped pockets and popper fastenings. She has a beautiful little bag with her where she keeps needles, reels of thread and a tiny pair of scissors. For ten whole minutes she examines every single seam and with her needle and thread (which she has in exactly the same colour as the jacket, how did she do that?) she fixes the edges of every seam. She works slowly, with painstaking infinite patience. She carefully puts away needle and thread, and moves on to examining every millimetre of the jacket for tiny threads. With her tiny scissors she pitilessly attacks the tiny threads and with a tiny clip! she decapitates them. All this with the same slow, painstaking, infinite patience which will never be mine – I have bruises because I even run at home and keep bumping into the furniture. Now she moves onto the lining, which receives the same meticulous treatment. Satisfied that the lining is now perfect she puts away the tiny scissors and starts to examine every zip. She opens and closes every single zip at least three times. She examines the little metal pullers, and if she finds a scratch she polishes it away with a hankie. Finally the zips all pass muster. On to the poppers. Every popper is opened and closed several times, but not, of course, in the way I’d wrench them open. The lady pushes a fingernail between the two halves and with delicacy and patience prises them apart the way an artist would separate two sheets of gold leaf. Oh no! Suddenly she notices that a popper is not perfectly in position – there are two threads sticking out from under it. Out come the scissors and zac – no, I’m wrong! No zac (that’s the short cut I’d take). With slow, painstaking, infinite patience, she performs an operation of surgical precision and manages to reinsert the two threads under the popper.
I’m speechless. I have never seen a new purchase command this sort of attention, this respect. I have never seen or sat through something so outside my own nature. I ask myself what all this painstaking attention to miniscule details is for? I am suspicious.
The jacket is now put back into its bag, which bears the name of the department store I go to, and the lady pulls a mobile phone out of her bag. It is, obviously, perfect, not a scratch (unlike mine, which I deliberately bought in a rubber-type material, to protect it from me). She calls someone who it emerges is an elderly aunt. With slow, painstaking, infinite patience, she asks for every detail of her aunt’s day. She tells her aunt that yesterday evening at a certain time (hour and minutes) she called, but the phone had been put down badly and she couldn’t get through. That’s why she sent the daycare assistant round at that time of the evening (I’ll pay). She checks that a new chair, just arrived that morning, is sufficiently comfortable. She tells her aunt the exact time when she’ll call again, so her aunt will know to expect the call.
Aha. That’s what it’s for, that slow, painstaking, infinite patience, that microscopic attention to detail of the woman who is my exact opposite.
They say we all have a double somewhere in this world. They say there’s another, parallel universe where everything we are and do is repeated. All I have to report is that on Friday afternoon on the train from Milan I met the woman who is my exact and absolute opposite.
A normal day is nearing its conclusion. But this woman looks as if she’s just been to the hairdresser’s (maybe she has), I don’t. Her clothes still have the smell of a steam iron about them, mine don’t. Her shoes aren’t new but they’re clean and polished. Mine are neither one thing nor the other. She sits in a ladylike fashion with her legs recoiled under the seat. I can’t do that. Her makeup is perfect. Mine’s all over the place. She is exactly that orderly, tidy, composed person I have also tried and always failed miserably to be. Every so often I manage for a few minutes, and then inevitably I trip up, I rub my eyes and get mascara all over my face, I scratch my head and end up looking like Stan Laurel, a button falls off somewhere, I get a hole in my socks.
What’s really fascinating about this lady is how she spends her 35-minute train journey. She’s just been to a popular department store, which I also go to, and she’s bought a new jacket, casual style with lots of zipped pockets and popper fastenings. She has a beautiful little bag with her where she keeps needles, reels of thread and a tiny pair of scissors. For ten whole minutes she examines every single seam and with her needle and thread (which she has in exactly the same colour as the jacket, how did she do that?) she fixes the edges of every seam. She works slowly, with painstaking infinite patience. She carefully puts away needle and thread, and moves on to examining every millimetre of the jacket for tiny threads. With her tiny scissors she pitilessly attacks the tiny threads and with a tiny clip! she decapitates them. All this with the same slow, painstaking, infinite patience which will never be mine – I have bruises because I even run at home and keep bumping into the furniture. Now she moves onto the lining, which receives the same meticulous treatment. Satisfied that the lining is now perfect she puts away the tiny scissors and starts to examine every zip. She opens and closes every single zip at least three times. She examines the little metal pullers, and if she finds a scratch she polishes it away with a hankie. Finally the zips all pass muster. On to the poppers. Every popper is opened and closed several times, but not, of course, in the way I’d wrench them open. The lady pushes a fingernail between the two halves and with delicacy and patience prises them apart the way an artist would separate two sheets of gold leaf. Oh no! Suddenly she notices that a popper is not perfectly in position – there are two threads sticking out from under it. Out come the scissors and zac – no, I’m wrong! No zac (that’s the short cut I’d take). With slow, painstaking, infinite patience, she performs an operation of surgical precision and manages to reinsert the two threads under the popper.
I’m speechless. I have never seen a new purchase command this sort of attention, this respect. I have never seen or sat through something so outside my own nature. I ask myself what all this painstaking attention to miniscule details is for? I am suspicious.
The jacket is now put back into its bag, which bears the name of the department store I go to, and the lady pulls a mobile phone out of her bag. It is, obviously, perfect, not a scratch (unlike mine, which I deliberately bought in a rubber-type material, to protect it from me). She calls someone who it emerges is an elderly aunt. With slow, painstaking, infinite patience, she asks for every detail of her aunt’s day. She tells her aunt that yesterday evening at a certain time (hour and minutes) she called, but the phone had been put down badly and she couldn’t get through. That’s why she sent the daycare assistant round at that time of the evening (I’ll pay). She checks that a new chair, just arrived that morning, is sufficiently comfortable. She tells her aunt the exact time when she’ll call again, so her aunt will know to expect the call.
Aha. That’s what it’s for, that slow, painstaking, infinite patience, that microscopic attention to detail of the woman who is my exact opposite.
7 Comments:
Dio, Jane, ho orrore di persone come la signora che hai incontrato sul treno! Sono maniache, noiosissime, pedanti. Nascondo patologie psicologiche devastanti, e non mi stupirei se nella sua linda, pulitissima casetta, conservasse sotto spirito (denaturato, ovviamente) resti umani di persone da lei assassinate nelle sue metodiche serate.
Far prevalere un ordine maniacale al relativo disordine del mondo rivela un rifiuto del dialogo con il mondo esterno, rifiuto che viene esorcizzato regolamentando tutto, minuto per minuto, ed evitando qualsiasi manifestazione di umana debolezza.
Comprimere le emozioni sotto uno strato di self-control autoimposto provoca lo stesso effetto di una pentola a pressione in cui si è guastata la valvola di sicurezza...
Fuggi da persone del genere, cambia scompartimento, vagone, treno, prima che sia troppo tardi!
E soprattutto stai attenta a non lasciarti mai contagiare dal virus del perbenismo che sparge a piene mani!
In alternativa, se siete solo tu e lei nel vagone, uccidila come faccio io e gettala dal finestrino, ma facendo attenzione a non farla finire in qualche fiume o zona ecologicamente pregiata.
Persone di quel tipo inquinano moltissimo...
Wow! Sono scampata ad una serial killer! :-O Non c'è pericolo per me, continuerò ad aver le calze bucate, le scarpe conciate, i capotti rigorosamente con bottoni mancanti.
Se mi dovesse capitare ancora però, come faccio a farla fuori? Potrei magari farle venire un infarto raccontando come tengo la mia casa?
Sotto un certo punto di vista, guardo con un po' di invidia queste donne. E' un punto di vista che raramente mi consente una visuale allargata e raramente mi si presenta. La signora mi ricorda mia zia e le sue manie.
Non so cosa pensarne, so che io non sono così. Non mi domando quale sia la scelta giusta. Penso che ognuno trovi nella sua apparenza il suo grado di appagamento. A volte, certe volte, qualche volta, ogni tanto...recito la parte della signora che hai incontrato, ma dentro sento forte l'esigenza di uscire da quello schema. Ma questa sono io. La signora probabilmente starebbe malissimo nei miei panni, nelle mie scarpe, ma soprattutto fra i miei cassetti.
A ognuno la sua porzione di spazio. E, comunque, dopo trentacinque minuti in un treno italiano, le mani della signora sono sporche quanto quelle di chiunque altri.
;)
assu
Assu: Per le manie: avevo una studentessa che mi raccontava che sua mamma stirava persino le banconote. Anche se reciti la parte per qualche minuto, non farai mai questo!
Per i treni, il giorno prima mi ero seduta in una carozza talmente sporca che ho messo giù il mio capotto per sedermi sopra, cosa mai fatta prima perché non sono così schizinosa, per poi accorgermi che era la prima classe.
Anche io mi imbatto continuamente nei miei doppi ordinati e ipercontrollati. Ogni tanto cerco anche di spacciarmi per uno di loro ma mi riesce sempre male, perché dopo un po' mi stufo: essere così è uno sbattimento senza fine, no?
La signora era tutta ordinatina perchè forse si era appena alzata da letto e appena vestita :-)
Comunque concordo in pieno con quel che ha detto Angelo.
Io non avrei tutta questa invidia...
Matteo: in effetti, è molto meno stancante essere se stessi e basta!
Antonio: hai ragione, forse fa i turni e si era svegliata poco prima. Invidia per una vita così non credo si possa provare, è però affascinante. Viaggiare sul treno dei pendolari è a volte come fare una visita allo zoo della specie umana.
Post a Comment
Subscribe to Post Comments [Atom]
<< Home