Oh yeah!
Vorrei segnalare un interessante, rinfrescante e provocante post che ho letto attraverso Marina della GZone, mailing list che frequentiamo tutte e due.
FINALMENTE qualcuno che non parla di essere buoni, di amare tutti, di dover donare e dare e fare il santarellino perché è Natale. Finalmente qualcuno che propone di essere un po’ più buoni gli altri 364 giorni dell’anno, e prendere Natale come un piccolo momento di raccolta e di liberatoria, meravigliosa autoindulgenza.
E ho pensato: ma in fondo non è anche questo amore? Se tutto l’anno uno cerca di essere una persona decente, risponde agli appelli di aiuto che trova intorno a sé, cerca di essere una persona che ha un valore positivo, non sarebbe male prendere un giorno per sentire il calore di ciò che torna. Non sarebbe male prendere un giorno per tirare la somma di tutto il resto dell’anno. Se l’ultimo dell’anno è il momento per proiettare i desideri futuri, perché non fare che Natale sia un momento di riflessione su quanto abbiamo proiettato in passato?
Ti torna l’amore? Sei pieno di doni, telefonate, sms, abbracci, biglietti? Prendi un giorno per riflettere sul fatto che probabilmente il tuo modo di vivere comprende generosità e affetto regalati in notevoli quantità. Notala, perché bisogna sapere cosa funziona per continuare a farlo funzionare. Sei un po’ carente di segnali di affetto e gratitudine? O sei contornato da stronzi ingrati (e può essere) o forse devi riflettere su qualche opportunità mancato di dare qualcosa di te.
In inglese c’è una cosa che i sociologi chiamano il “feelgood factor”, il “fattore benessere”: forte e potente motivo per cui le persone “fanno del bene”. Versi una quota all’associazione di scelta, aiuti il bimbo del vicino a fare i compiti, assisti la nonnina a scendere dal pullman e per un momento puoi approvare te stesso, puoi essere contento della persona che sei stata.
Perché non prendere un giorno per ricaricare il feelgood factor, per contemplare ciò che si ha seminato e ciò che si ha raccolto? Perché non lasciar perdere con i gesti una tantum, le prediche, la finzione che basta una data di calendario e troviamo dentro di noi la santità di Padre Pio?
Perché se io ti dono il mio amore o il mio affetto, accidenti a te se non prendi un momento per godertelo!
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"Tra i tanti luoghi comuni concernenti il Natale ce n'è uno che mi
infastidisce più degli altri: quello secondo il quale a Natale
bisogna essere buoni.
Il senso del Natale, se ne ha uno, non è nell'amore che diamo, bensì
l'amore che riceviamo. Natale è il giorno ideale per essere non dico
più cattivi, ma almeno un pochino più egoisti. È il giorno in cui val
la pena di pensare a quanto di bello e di buono ci può capitare e a
quali speranze - magari anche meschinelle, ma vivaddìo - si agitino
nella nostra piccola vita. È il giorno in cui è bello ricevere regali
più che farli (ed è bello farli per quel che se ne può ricevere in
cambio). È il giorno delle luci colorate che ci fanno tornare
bambini, cioè un po' idioti, ma idioti idiotamente felici nonostante
tutto. È il giorno in cui ci si può strafogare di prelibatezze e
dolci, soprattutto di dolci: le scorze d'arancia affogate nel
cioccolato fondente, il panettone, il pandolce, il panforte, i fichi
secchi, il torrone al rum, il moscato, tutti segni e correlativi
oggettivi di un abbraccio che, forse, nemmeno ci meriteremmo.
Esserne degni e riuscire a contraccambiare è una conseguenza e c'è
tempo e modo di tirarla per i successivi 364 giorni."
2 Comments:
Ci vuole modestia e rispetto per accettare con gratitudine dei regali. Più spesso quando il regalo non fa parte della consuetudine (io regalo una maglietta a te, tu regali una cravatta a me) viene mentalmente rifiutato perché finisce con il costituire un obbligo, una forma di dipendenza.
L'essere in debito non viene vissuto bene nella nostra società, e io di fronte a un regalo inaspettato mi troverei a chiedermi come contraccambiare in modo di sdebitarmi immediatamente. In realtà credo che la gratitudine per come è e si comporta una persona possa e debba essere fatta sentire durante tutto l'anno: un giorno solo mi ricorda tanto la festa della donna l'8 marzo...
Il natale per me resta la solita irrecuperabile e un po' triste festa commerciale: si salvano i bambini perché sono ancora capaci di stupirsi, ma il resto è commercio, di oggetti e di sentimenti.
Angelo: hai ragione, non è facile nella nostra cultura ricevere un regalo e ricambiarlo con gratitudine - ci vuole sempre un altro regalo in cambio!
A me fa piacere fare dei regali, soprattutto quando trovo quella cosa adatta proprio alla persona, ma mi sono un po' frenata ultimamente perché vedevo l'imbarazzo (non ho nulla da dare in cambio), o la paura (questa che vuole da me ora? Le piacio troppo? Mi starà apiccicata perché vuole qualcosa da me?) e così via. Ormai so a chi posso fare un regalo e vederlo ricambiato con un sorriso!
Per il resto: una mia carissima amica che fa la psicologa terapeuta lavora come una matta a Natale: il cellulare squilla sempre, chiamate di emergenza a destra e sinistra. Le persone già turbate e in difficoltà che vede vanno in crisi a Natale, è proprio un bagno di sofferenza. Tutto questo parlare di essere più buoni, ma quanta sofferenza, quanto malessere intorno a noi ogni giorni, senza dover andare a cercarla tra le favelas o gli affamati dell'Africa o i senzatetto dello Tsunami.
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