Sunday, October 28, 2007

Come and See

Riprendo il titolo di un grandissimo film del grandissimo Elem Klimov (in italiano Va e Vedi), che racconta gli orrori nazzisti perpetrati in Russia, per portare qui due link riportati da Laura e Loredana.

Come dicono loro: prima di cliccare il link di seguito, pensateci bene.

Sono due foto che mostrano ciò che succede quando una persona si mette pacificamente a porre resistenza al governo militare in Myanmar, e se non gradite questo tipo di immagine, lasciate perdere che la fantasia a volte basta e avanza.

C'è che girerà la testa per l'orrore e c'è a chi verrà la voglia di cularlo dolcemente. La pace sia con lui.

Le foto.

Qui invece potete, se volete, firmare l'appello di Amnesty International (link al sito nel sidebar).

Sono socia da quando avevo 14 anni, e nonostante la grave perdita dello "sconto Junior" a 18 anni, ci sono rimasta. Amnesty mi ha insegnato negli anni una cosa importante: mai girare la testa, mai dirsi "ma tanto cosa vuoi che possa fare io nel mio piccolo?", mai limitare la visione delle proprie potenzialità al prossimo angolo di strada. Da soli, sì, è duro, ma insieme basta un secondo, un gesto minimo, per mettere un mattone in tanti muri contro la repressione.

Fin dai 14 anni ho letto ogni mese di prigionieri rilasciati grazie alle petizioni, di legislazioni migliorate grazie ai negoziati di AI con dei governi, di cessafuochi negoziati pure loro da AI, di strutture create e finanziate e gestite da AI, come per le donne della Nigeria vittime della Sharia o le donne del Darfur stuprate e messe incinte dai soldati nemici.

Non pretendo di cambiare il mondo, ma so che posso aiutare chi si impegna con poco.

Saturday, October 27, 2007

Subdole insinuazioni...

Sto lavorando. Ebbene sì. E qualcuno là fuori sta cercando di communicarmi qualcosa...

Cerco di scrivere il vocabolo larger (più grande, non chiedere) e Word me lo corregge subito in lager. E io lo ricambio. E lui ancora. E io lo ricambio. E lui ancora.
Due sono le cose che forse sta cercando di dirmi:
1. Il mio lavoro è ottimo e mi offre una birra chiara
2. Il mio lavoro è pessimo e mi suggerisce un certo luogo che meriterei.

Rimango indecisa, poi devo cercare un significato possibile nel mondo dell'architettura per il vocabolo cerniera e il mio occhio e il mio dito cadono, aprendo il mio vocabolario, sulla parola, che morde come un'accusa, cellulite.

Propengo quindi per il no.2 e sospetto che dovrei prendere una pausa prima che comincio a vedere omini verdi che ballano sulla tastiera...

Me lo ha detto Dio in un sogno.

Friday, October 26, 2007

The Greed of Grief

There is a moment, Grief
When
Again
The tide of you rises

Stones in my pocket
I walk into you
And hope
That giving in

That swallowing you
And dragging you down
Into tired lungs
Will sink you

Once and for all
Once and for all
Once and for all
Once and for all

Aren’t you happy now?
Not had enough?
Want more?
Want the marrow with the bone?

Just go
Just go
Just go

What more do you want?

Thursday, October 25, 2007

Satira sì o no?

Mentre sulle colline e sulle pianure della blogosfera soffia il vento tempestoso di alcune recensioni (anche satiriche) contestate sul libro pubblicato di recente di una nota blogger (che purtroppo pare non lo sarà più per motivi di salute, e questo non è mai una buona notizia), è passato (quasi) innosservato questo pezzo geniale di un brillante commentatore satirico della politica dei nostri tempi. Una persona che il titolare di Blogorrea, che lo cita per intero, definisce giustamente:

uno dei più grandi comici del nostro tempo, tuttora incompreso

Monday, October 22, 2007

Gentile il Gentiloni

Signore e signori della blogosfera, io proprio non riesco a capire tutto questo rumore, questo sconcerto per il fatto della "legge sui blog" che ha passato il Consiglio dei Ministri per poi essere fermato da un ripensamento del Ministro Paolo Gentiloni.

Penso che dovremo sentirci grati e sollevati nel sapere che abbiamo un ministro abbastanza simpatico e umano da ammettere che... non ha letto il testo della legge e pensava fosse la stessa legge che c'era prima.

Voglio dire, quanti di voi vi siete mai messi a leggere tutto il small print di un contratto di assicurazione o un nuovo conto in banca? E' più che umano che l'indaffarato ministro non si metta né a scrivere né a leggere le leggi che promulga. E' più che gentile e simpatico da parte sua raccontarcelo. E' più che rassicurante sapere che le communicazioni e la libertà di parola sono nelle mani di un uomo che ammette che lascia scrivere le leggi da altri e poi le autografa.

E poi, è un blogger. La solidarietà, ragazzi, la solidarietà!

Saturday, October 13, 2007

Palco

Legno, scuro, riflette in tonalità mute per la vernice chiara ora calpestata tanto da diventare opaca, confortante, assorbente. Il palco assorbe. Una discesa talmente dolce da non esistere quasi, soltanto che quando ti cade il cacciavite mentre monti la roba, rotola giù. Lo spazio bombato di una pancia che ti contiene e ti nutre.

Il nero, tendaggi silenti e discreti che dalle quinte, dietro al regale e rosso sipario che urla la sua presenza ora inapellabile e ora negoziabile, coprono a richiesta, svelano per necessità, si fanno comandare con rigoroso, dignitoso silenzio, e racchiudono, e lasciano suggerire infinità oltre al palco, accennano a spazi come vuoi tu, intimi o cosmici che siano.

Quinte scure, ombre grige di chi aspetta, di chi assiste, quinte che forse esistono e forse no, dipende se te le ricordi, come l'Australia, come il '500, ogni tanto ti vengono in mente, ma spesso sfuggono e lasciano soltanto il palco.
L'abbaglio celestiale delle luci, l'enormità di ciò che fai, l'infinita piccolezza di te, te sotto il microscopio, guizzante su una vetrina, scrutata da tutti che sparisci, microbo, dentro l'acquario del tuo personaggio, spazio enorme dove nuotare e lasciarti galeggiare con gli arti tesi a più non posso, uno spazio che ti riempie e che tu devi riempire sotto il calore e l'abbaglio di una luce più potente di quello del giorno. Grembo, spazio uterino. Sono enorme. Sono nulla.

Il muro nero che fa mille rumori, il muro che respira, bisbiglia, ride, si lascia sfuggire un "oh" di sorpresa, di compassione, il muro che si muove, si sposta, spegne un cellulare, chiede alla mamma di andare al bagno a metà scena, cerca di mangiare le patatine, un muro che si nasconde dietro alla luce e al nero e parla alle tue orecchie mentre tu accecata lo respiri, senti i suoi odori e profumi.

Svestita, nuda, inerme, disarmata, vestita soltanto dal personaggio e dall'istinto, a gestire la bestia, docile o ostile non puoi sapere e lo devi scoprire con le orecchie e il naso, la pancia che agisce da cervello e ti comanda e ti dirige nel qui e ora mentre il cervello, distratto, fruga nel copione per anticipare il prossimo passo.

Tutto vibra.

Una distillata pura e essenziale di ogni possibilità di ogni cellula del proprio corpo.

Palco.

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Dark wood, quiet reflection, clear varnish so walked upon it's now opaque, comforting, welcoming. It absorbs. A slope so quiet and gentle that it hardly exists, but when putting up the backdrop you drop your screwdriver, it rolls slowly down towards the front. The curved stomach of a space that contains and nourishes you.

Black, silent curtains that glide out from the wings, behind the proud and regal front curtain, now deaf to appeals and now open to negotiation, and hide what they are asked to, reveal what they have to, allow themselves to be comanded in rigorous, dignified silence, that contain, that offer you infinity beyond the stage, that suggest spaces, intimate or cosmic as you desire.

Dark wings, grey shadows of those waiting, of those assisting, wings that are there, or perhaps not; it depends if you remember. Like Australia or the sixteenth century, you remember every so often that they exist, but more often they don't and leave you only the stage.

The blinding, celestial light. The enormity of what you are doing. The infinite smallness of you. You under the microscope wiggling on a slide, examined by all. You disappearing, a microbe, inside the vast aquarium of your character, an enormous space you swim in, floating and extending limbs to their tips, a space that fills you and that you fill under the dazzling heat of a light more powerful than day. Womb, uterine space. I am enormous. I am nothing.

The black wall of a thousand noises, the wall that breathes, whispers, laughs, lets out an "oh" of surprise or compassion, the wall that moves, switches off a mobile phone, asks mummy if it can go to the bathroom halfway through a scene, tries to munch on crisps, the wall that hides behind the light and the black and speaks to your ears while you, blinded, breathe it it, smell it.

Naked, unarmed, wearing only a character and a veil of instinct, you tame the beast, docile or hostile you have no idea at first, you taste it with your ears, your nose. Your stomach becomes your brain in the here and now, while your brain, distracted, sends out advance search parties in the script to anticipate your next move.

Everything is vibration.

Everything is a distilled, concentrated essence of every possibility of every cell in your body.

Stage.

Tuesday, October 09, 2007

Mostruoso

Interessante nuova versione della leggenda di Loch Ness raccontata dal giovane collega Enni.

Monday, October 01, 2007

Buràn

Esce oggi, e non c'è nemmeno bisogno di correre in edicola. E' tutto qui.
Buona lettura!
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It's out today, for your Italian reading pleasure: right here.